I maltrattamenti degli animali, in Italia è reato (“La Voce” di Rovigo) di Patrizia Trapella* e Luca Massaro** I recenti fatti – rinvenimento ad Adria del cadavere di un gatto su cui erano stati posati due cartoncini disegnati a mo’ di carte da poker e forma di due mani – richiamano il complesso problema della violenza sugli animali. Fenomeno poco indagato in Italia dal punto di vista criminologico e sociologico. Non è così all’estero o almeno non lo è in alcune nazioni. L’interesse degli studiosi in criminologia e sociologia per i vari tipi di violenza dell’uomo sugli animali, compresa quella sessuale, affonda le radici su almeno due filoni di ricerca, attivati decenni fa dagli americani per il proposito di approfondire le conoscenze sulle dinamiche di esplicitazione della devianza e della delinquenza nelle diverse fasi della vita umana. Il primo era quello di esaminare la carriera criminale di alcuni detenuti, condannati per crimini seriali soprattutto, al fine di focalizzare il processo di maturazione o crescita della violenza degli stessi nei confronti di familiari, estranei e animali. L’attenzione scientifica era rivolta a: desideri di controllo, soddisfazione di pregiudizi, espressività dell’aggressività, modalità di incremento della propria aggressività, intenzioni di suscitare shock nella gente, azioni di rivalsa e sostitutive dell’intima ostilità, necessità di gratificazione sessuale, ecc. Il secondo invece consisteva nel verificare l’esistenza di una qualche connessione tra violenza perpetrata in ambito domestico (sui familiari) e quella rivolta sugli animali. I risultati furono rilevanti – la violenza commessa sugli animali da bambini e adolescenti è diversa da quella compiuta dagli adulti e vi è una stretta associazione tra la violenza sugli animali e quella condotta su familiari – ma gravati da incognite debolmente riscontrabili: i detenuti che rispondevano ai questionari avevano collaborato realmente? Avevano interessi personali nel dare le risposte ad un questionario? Venivano denunciati tutti i reati commessi contro gli animali? Oggi gli studi proseguono e non solo in tali direzioni. In Italia, il maltrattamento degli animali costituisce reato. La legge 189/2004 – Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate” – ha cambiato il presupposto giuridico della tutela degli animali. Per effetto di tale legge essi, animali da compagnia o domestici o selvatici, sono ora considerati esseri viventi capaci di soffrire. Ne è derivata l’introduzione nel codice penale del Titolo IX bis (artt. 544 bis e seguenti) – Delitti contro il sentimento degli animali. Il reato è un delitto e non più una contravvenzione – reato meno grave – come in passato. Tra l’altro, la legge suddetta, all’articolo 7, ha attribuito a enti ed associazioni la posizione di persone offese nei reati previsti dalla medesima legge, al pari del proprietario dell’animale (qualora, è ovvio, non sia l’autore del reato). Ciò significa che anche gli enti e le associazioni possono partecipare in modo attivo alle indagini e costituirsi parte civile nell’eventuale processo contro l’autore del reato. Per quanto riguarda il rilevamento statistico del fenomeno, esso è affidato all’istat (relativamente ai dati più recenti – biennio 2008-2009 – la persecuzione degli animali, maltrattati, feriti o uccisi ha riguardato il 2,6% delle famiglie che li posseggono) e a quello delle varie associazioni pro-animali, più o meno riconosciute nel territorio nazionale. In sostanza, non esiste un osservatorio ufficiale di monitoraggio di tale specifico reato e, allora, la questione essenziale che poniamo è: non ci interessa veramente la salute e la vita degli animali perché siamo distratti da altro oppure riteniamo che l’uomo possa impunemente essere violento con loro per una sorta di supremazia evoluzionistica? *avvocato penalista **medico legale con master in criminologia e psichiatria forense. Entrambi Membri della Harvard Associates in Police Science, Baltimore.
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