I disordini inglesi: solo bande giovanili? (“La Voce” di Rovigo di Patrizia Trapella* e Luca Massaro** I disordini dei primi giorni di agosto scoppiati in varie città inglesi (Birmingham, Liverpool, Manchester, Londra) ripropongono oggetti di studio da sempre egemonia dei criminologi e degli studiosi della sociologia della devianza: le bande giovanili. Negli anni '50 fu Stanley Cohen a studiare per primo in maniera specifica il fenomeno. Le bande (o gangs) sono state chiamate in causa dal Primo Ministro David Cameron per spiegare i cinque giorni (e notti) di battaglia, incendi e danneggiamenti di negozi, palazzi, automobili e autobus con 1900 fermati e arrestati, cinque morti e danni per duecento milioni di sterline, secondo una prima stima delle compagnie di assicurazioni (beni assicurati). Le bande sono dunque la causa, dice il governo. Non la morte del 4 agosto di Mark Duggan, giovane di colore con precedenti penali ucciso dalla Polizia a seguito di uno scontro a fuoco. E nemmeno la relativa protesta attuata contro la Polizia dagli amici e familiari. Le misure adottate dal governo inglese sono state robuste, sia nei termini di ripristino dell’ordine che in quelli dell’amministrazione della giustizia. Ben 15-16mila agenti di polizia in assetto antisommossa distribuiti nelle aree a rischio, proiettili di gomma pronti all’uso, minaccia di intervento dell’esercito (strategia della paura) e tribunali con sentenze esemplari (due ventenni sono stati condannati a quattro anni di carcere per aver incitato la rivolta tramite Facebook). La convinzione del premier inglese è tale che è stata richiesta la consulenza di un americano esperto conoscitore del fenomeno. D’altra parte, in Inghilterra, il 6% dei maschi e femmine di età compresa tra i 10 e 19 anni – circa 50mila giovani – sono membri di una banda e le cifre sono senza dubbio rilevanti. Ma siamo sicuri che è solo una questione di bande? Effettivamente, sembrano numerose quelle intervenute e i disordini, accesi quasi a orologeria in tutta la nazione, sembrano essere stati pianificati e coordinati, per lo meno in alcune aree circoscritte. Anche Duggan era membro di una banda (The stars gang) e sono diverse, secondo alcuni giornalisti inglesi, le bande legate in qualche maniera ai “moti”: la Burger Bar Boys, la The cash or slash money crew, la Bang bang gang, la BMW (sigla di una gang caraibica), la Dem Africans, la Red Brick Crew, la Gun Man Down, la Don’t say nothin gang, la St. Ann’s Posse e la Radford Boys. Ma la categorizzazione dei disordini a noi appare prematura. Una prima grossolana analisi criminologica del fenomeno è la seguente: soggetti di età compresa tra i 10 e i 40 anni, maschi e femmine, asiatici, bianchi e afro-americani, a volto prevalentemente coperto, a gruppi o singolarmente, di notte e di giorno, hanno rubato e distrutto prevalentemente esercizi commerciali (e ucciso), in periferie di metropoli e in povere aree urbane. Quanto alle proporzioni e alla velocità della rivolta, esse sono riferibili al prodigio della telefonia mobile sottoforma di sms di cellulari, twitter e facebook. Dobbiamo fermarci qui. Per ora. I conti, sociologicamente e criminologicamente parlando, si faranno alla fine delle indagini; ma una prima sostanziale analisi fenomenica porta in tale direzione. Ci si potrebbe chiedere cosa c’è nelle loro vite: disoccupazione, sfida, rivincita sociale, povertà, adolescenze problematiche, rabbia, problemi di integrazione e di immigrazione e disgregazione della famiglia o precoce abbandono scolastico? Sembra che non importi ora. L’importante è fermare le bande. Prima possibile. In tal senso si è mosso il governo inglese. Intanto in wikipedia – l’enciclopedia libera di internet – è stata già attivata una voce – Disordini in Inghilterra nel 2011 – e i rivoltosi sono diventati famosi; ma non volevano questo. Volevano solamente danneggiare, rubare e distruggere, in modo più o meno organizzato. Il perché in quel modo e in quel momento non interessa. A nessuno. Fino ai prossimi disordini.
*avvocato penalista **medico legale con master in psichiatria forense e criminologia
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