da "www.lastampa.it" 2/8/2009 (8:13) - ABORTO- SCONTRO SULLA PILLOLA La pillola arriverà in Italia a settembre e costerà 14 euro Agenzia del farmaco e ministero fanno fronte: almeno tre giorni di ricovero ROMA E’ ormai una pillola «all’italiana» questa Ru486, la pillola abortiva introdotta due giorni fa dopo un iter durato anni di incertezze. Perché è tutta e soltanto italiana la procedura che si sta faticosamente mettendo a punto nelle stanze di governo e prevede obblighi e formalità del tutto diversi da quelli in vigore in ogni altro paese dove la pillola è in uso. Lo pensa anche il direttore dell’Istituto «Mario Negri» di Milano, Silvio Garattini, farmacologo di fama, per il quale «stiamo assistendo a un caso così speciale solo da noi quando la RU486 da tempo è impiegata ovunque senza sollevare alcun problema». Il primo punto, fortemente voluto dalle componenti cattoliche dell’esecutivo e recepito dall’Aifa nel dare il via libera, prevede il ricovero in ospedale fino ad aborto avvenuto. «Non accade in nessun altro Paese e l’Aifa si esporrà al ridicolo a livello internazionale nel momento in cui questa richiesta sarà ufficializzata», spiega Silvio Viale, ginecologo, che ha avviato la sperimentazione della Ru486 già nel 2005 all’ospedale Sant’Anna di Torino. «E’ un adeguarsi alle richieste della politica del tutto inusuale nel mondo scientifico», conclude. «Il trattamento in day hospital è escluso - insiste il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella - e bisognerà prevedere un ricovero di almeno tre giorni». Ma nel mondo medico è abbastanza evidente che sarà impossibile garantirlo. Maurizio Benato, vicepresidente della Fnomceo, la Federazione dei medici chirurghi, spiega: «La Ru486 deve essere somministrata nel rispetto della legge 194 e quindi in ambito ospedaliero ma se una donna decide di tornare a casa anche a espulsione non avvenuta nessuno può obbligarla a rimanere. Non esistono strumenti per vincolarla, la volontà della paziente è sovrana, l’importante è che sia consapevole delle conseguenze che le sue dimissioni possono avere, e che quindi il consenso informato rechi tutte le informazioni necessarie». L’eventuale decisione, da parte della paziente che richiede la somministrazione della pillola, di firmare per la dimissione dalla struttura ospedaliera dopo l’assunzione della Ru486, avverte infatti il sottosegretario Eugenia Roccella, «dovrà essere scoraggiata dagli operatori sanitari e, comunque, risulterà appunto fondamentale il consenso informato». L’unica strada da percorrere per il governo per rendere più forte l’obbligo a rimanere in ospedale potrebbe essere la minaccia di denunce penali per le donne che dovessero abortire fuori dagli ospedali dopo aver preso la Ru486 in quanto si tratterebbe di un’interruzione di gravidanza illegale, avvenuta senza rispettare l’articolo 8 della legge 194. «Ma in questo caso - replica Viale - significherebbe tornare indietro di quasi quarant’anni, l’aborto diventerebbe di nuovo una pratica illegale». Il secondo punto su cui si intende lavorare sono i provvedimenti amministrativi e gli interventi nelle linee guida anticipati già ieri dal sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella nell’intervista a «La Stampa». Una delle idee allo studio è quella di un questionario da far compilare alle donne che richiedano la somministrazione della Ru486 per selezionare chi può aver diritto a prenderla. Come spiega Eugenia Roccella, si vorrebbe «appurare l’esistenza di alcune condizioni essenziali perchè l’intervento risulti sicuro per la donna, come ad esempio la vicinanza di un ospedale alla abitazione o il fatto che non sia sola». L’ipotesi di un test psicologico è confermata anche dall’Agenzia del farmaco. «Anche in questo caso non esiste nulla del genere nel mondo intero. L’idea di un test psicologico è da Stato totalitario», avverte Silvio Viale.
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