da "it.notizie.yahoo.com" del 31.7.09 Usare le zanzare come siringhe volanti che iniettano dosi di vaccini antimalaria: un'idea folle? No, anzi. Forse la soluzione a un problema devastante, come suggerisce uno studio innovativo (ma non privo di interrogativi dal punto di vista etico) pubblicato dal prestigioso New England Journal of Medicine. Le zanzare del genere Anopheles sono i vettori della malaria, malattia che colpisce ogni anno almeno 200 milioni di persone. La malattia in realtà è causata da parassiti della zanzara, protozoi del genere Plasmodium, tra i quali il falciparum è particolarmente pericoloso potendo causare infezioni letali anche in brevissimo tempo. I ricercatori olandesi del Radboud University Nijmegen Medical Center – in collaborazione con team di scienziati francesi e di Singapore - sono partiti da due considerazioni: la prima è che gli individui esposti più volte al parassita della malaria sviluppano immunità, la seconda che il farmaco clorochina riesce a uccidere i parassiti nella fase finale di sviluppo, quando sono più pericolosi. Il passo successivo è stato l’ipotesi che l'immunità possa essere raggiunta inoculando parassiti intatti, ma trattando contemporaneamente il paziente con clorochina. Hanno trattato 10 volontari con questa metodologia di vaccinazione sperimentale esponendoli a zanzare infette da malaria in 3 occasioni a distanza di un mese una dall’altra e 5 volontari esponendoli a zanzare non infette come gruppo di controllo. A tutti e 15 è stata somministrata clorochina. Successivamente tutti e 15 i pazienti sono stati esposti a zanzare infette: i 10 già esposti si sono rivelati immuni, mentre gli altri 5 si sono ammalati di malaria. “Questo non è un vaccino”, si affretta a spiegare Robert Sauerwein, leader del team di ricercatori olandesi. “Piuttosto un modo per dimostrare come i parassiti vivi possono essere utilizzati per proteggere dalla malattia anziché per causarla”. Fonte: Roestenberg M, McCall M, Sauerwein R. Protection against a malaria challenge by sporozoite inoculation. N Engl J Med 2009; 361(5):468-77.
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